Seamow, you will find all your brothers here
and sense you've met a few already, by chance or mistake.
See them all in your wandering the world, they will tell you of the lands I trod.


8 luglio 2009

Un lontano foulard leggero


M’ascolti? Era di luglio, ricordi? Cenammo al Gamle Port, nel dehors. Due ore sotto il sole alto della sera. Dicemmo: il sole qui fa brevi immersioni, come i delfini. Corre per poco subito sotto il pelo dell’acqua e poi su, per lunghi tuffi, sopra la superficie, con l’occhio ammiccante e il sorriso contagioso. E tutti, lì fuori, contagiati e sorridenti, sciamanti nella ricarica estiva.

E c’era anche quel gabbiano, grosso come un cane, padrone di quel minuscolo spazio aereo triangolare, che sfiorava il nostro tavolo e risaliva, senza muovere un’ala, passando di qua e di là su invisibili ascensori d’aria. S’appollaiò su un ombrellone finalmente, e si mise di profilo, fermo come un sasso di gesso, qualche piumetta si alzava per quel vento di coda che aveva appena estinto le sue urla strazianti.

Ci conoscevamo da poco, e tu eri ancora come un foulard leggero, confortevole ed elegante, abbandonato intorno al mio collo. Non ti parlavo ancora molto, non volevi che io lo facessi dopo tutto. E del resto potevi sparire, evaporare a quel sole: nemmeno tu sapevi cosa avresti fatto, aspettavi solo la mia decisione.

Tu eri un ermisino amaranto sul mio dorso forte di viandante e giravi la testa a destra e sinistra. E ogni tanto un lembo sfiorava le mie orecchie, suggeriva nuovi pensieri, mentre l’altro mi cingeva dolcemente il collo. Come di fronte al monumento grigio a Karin, davanti alla biblioteca, qualche mese dopo. Era già dicembre, quando, abbracciandomi come un manto caldo di lana, mi dicesti: lei fu solo per pochi ed ora è pietra, ma ancora nessuno la vede, nessuno la nota, perché è come una matassa dipanata. Lei è oggi come fu in vita: densa e trasparente. E così sono io per te, e solo per te: una pesante trasparenza.

É strano, io non potevo decidere e tu non volevi che io lo facessi. Eppure è successo. Lì capii, lì avevo mio malgrado deciso. E lì ti riconobbi.

M’ascolti? Ora tu sei un enorme e goffo orango a cavalcioni sulle mie spalle. Sempre io giro e sempre ti porto con me, ovunque vada. Hai un’aria ingenua, soddisfatta e assente, persa nei suoi percorsi impenetrabili. Tutti ti notano, ma nessuno ti considera, nessuno s’incarica di liberarmi di te.

Solo oggi riesco a dire finalmente chi sei. Sei la mia mostruosa paura, la mia assoluta e insopprimibile incapacità di amare. E per ora questo basta.