Seamow, you will find all your brothers here
and sense you've met a few already, by chance or mistake.
See them all in your wandering the world, they will tell you of the lands I trod.


15 agosto 2009

Un doloroso dono


In un comprensorio di caseggiati bassi che fungono da hotel, una sera uniformemente buia, incontro uno straniero con i baffi castano chiari come i capelli e gli occhi. È un tipo piuttosto anonimo e potrà essere tedesco o polacco. Parliamo un po’ in inglese. Sembra condividiamo analoghe esperienze lavorative. Scopro poi che è il marito di L., che incontro separatamente di lì poco e che mi confida con un sorriso fragile che sì, ha finalmente trovato un secondo marito.
Faccio qualche passo per avviarmi verso non so dove (forse il mio alloggio) e, nel silenzio serale, vedo una coppia che cammina di fretta, provenendo da sinistra. In un certo qual modo andiamo nella stessa direzione, ma procediamo per linee sghembe: i nostri percorsi sono destinati a incrociarsi. Riconosco lei, G., e quindi - era il suo compagno - lui, T., stranamente senza la barba. Il suo volto è come denudato. Quando siamo più vicini, noto che parlano tra loro con complicità ed ho l’impressione che ridano di me. Affrettano il passo e si curano di non guardarmi. E così mi precedono, tagliando verso destra. Cammino ancora per poco finché mi giro e li fermo, all’apice di quella “X” che abbiamo disegnato insieme, chiamando T. ad alta voce; poi li riprendo bonariamente perché volevano eludermi. A quel punto i due mi vengono incontro sorridendo e rispondendo con ironia alle mie battute.
G. è morta qualche anno fa, penso. Di T. non so più nulla da allora. L. è sparita da tempo.
Mi guardo intorno desolato. Adesso questo luogo, dove in solitudine incontro persone passate e tanto tristemente evocativo, mi spaventa.

E così l’aereo del sogno, sbucando da nubi basse, atterra sulla sua pista e si dirige lento verso il terminal della vita vissuta. È in questo breve tragitto di raccordo che tutto, come talvolta accade, si spiega. È qui che io ricordo che l’unione di G. e T. fu per entrambi un sofferto approdo nell’odissea delle disillusioni, iniziata col fallimento del loro primo matrimonio. Proprio come per L. che ha vagato per anni ed oggi sorprendo legata ad un improbabile lido straniero così lontano dai suoi modelli.

Ma c’è molto di più: comprendo che l’angoscia che mi ha suscitato quel teatro immaginario che ho creduto paura di scena, da attore nella sua parte, non è che un panico vero che denuda tutta la mia reale viltà. E per questa rivelazione, regalo inopinato del mio inconscio, subentra ora una sofferenza concreta e critica, ben più dura da sostenere. Entro nel “finger” un poco più consapevole della mia mediocrità.